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FIP MARCHE Stories. Caterina Biondini. Passione e lavoro per arrivare ai vertici della preparazione fisica

Il mondo della preparazione fisica all’interno della pallacanestro è forse quello più rapido dal punto di vista della richiesta di aggiornamenti ed evoluzione. Un atleta è giudicato per le proprie perfomance che vanno aldilà della “semplice” prestazione tecnica e tattica, con l’aspetto atletico a farla sempre più da padrone. Ecco quindi che il ruolo del preparatore all’interno di un team è ormai imprescindibile. Nelle Marche la tradizione dei preparatori fisici è stata sempre piena di figure di primo livello, tra queste spicca Caterina Biondini ritenuta tra i massimi esponenti della cultura della parte fisico-atleta nonostante la sua giovane età.
Il basket nel sangue, gli studi universitari dirottati nel settore della preparazione fisica e già un curriculum di tutto rispetto per l’osimana capace di mettersi al collo la medaglia d’oro di un Campionato Europeo. “Mi piacciono fare le cose per bene” è il credo di Caterina raggiunta in uno dei rari momenti in cui non è in palestra o china su libri e dispense alla ricerca del miglioramento della sua professione per scambiare due chiacchiere sulla sua attività e storia.
Preparatrice nei club del suo territorio, parentesi senior ma Caterina Biondini si dedica soprattutto alla crescita dei gruppi giovanili sia maschili che femminili. Fa parte dello staff, assumendo l’incarico di responsabile, dei preparatori regionali che seguono negli anni le varie rappresentative. Entra di diritto nel team del Settore Squadre Nazionali e disputa tre Europei e un Mondiale. Sulla sua bacheca brilla l’oro conquistato nell’Eurobasket Under 16 femminile nel 2018 in Lituania con il gruppo Azzurro classe 2002. Quello di Kaunas fu l’ennesimo successo per il basket femminile giovanile italiano (11a medaglia in 11 anni) dove rimane indelebile anche la firma di Biondini. L’anno successivo ripete l’esperienza con l’Under 16 femminile nell’Europeo di Skopje (roster formato dalle 2003 ma anche 2004 con Matilde Villa e Vittoria Biasigh e la 2005 Zanardi) dove l’Italia arriva 5a assicurandosi così la qualificazione ai Mondiali U17 del 2020 poi non disputati per motivi legati al Covid19. L’esperienza in un Mondiale comunque non mancherà nel curriculum di Caterina che è nello staff tecnico Azzurro a Madrid in occasione della World Cup U19 con l’Italia classificatasi all’undicesimo posto. Un Mondiale arrivato grazie al 5°posto ottenuto dall’Italia U18 nell’Europeo di Heraklion del 2022 dove Biondini si occupa ancora dei muscoli delle Azzurre che avevano nel roster tra le altre Matilde ed Eleonora Villa e Carlotta Zanardi.
Come sei entrata nel mondo della pallacanestro e in particolare come hai abbracciato quello della preparazione fisica.
“Nella pallacanestro ci sono praticamente nata, ricordo che da piccolissima aspettavo gli intervalli delle partite per fare lo scivolo sulla struttura del canestro. Sono stata fortunata a vivere da bambina gli anni d’oro della Robur Osimo: questo ha contribuito molto ad appassionarmi al gioco. Il Prof. Paolo Bianconi è stato sempre il collante di questo ambiente, ha fatto di tutto per farci vivere il Palas nella quotidianità, da bambini, da giocatori giovanili e senior e da istruttori, ha costruito un luogo sano ed accogliente dove passavamo molto più del solo tempo degli allenamenti. La preparazione è stata una necessità. Mi è stato chiesto se volessi seguire una senior da preparatrice, la mia posizione di laureata non mi sembrava abbastanza e quindi ho iniziato a studiare per i corsi della Fip.”
La Caterina extra-basket? Di cosa ti occupi quando non sei in tuta su un campo a “strigliare” i giocatori?
“Durante un corso, dopo diverse ore in campo, eravamo in pausa per la cena e un preparatore top ci disse “qui si vede chi ha la stoffa, la vera preparazione si fa al bar”. Scherzi a parte. Mi piace molto allenarmi, sono un’assidua frequentatrice di biblioteche e grande organizzatrice di feste a tema. Ah, stavamo ancora parlando di lavoro?”
La pallacanestro è in continua evoluzione e forse la parte della preparazione fisica lo è ancora di più. Come ti poni davanti alla necessità di questi continui upgrade e quali sono gli obbiettivi che ti poni da qui in avanti?
“C’è sempre qualcosa di nuovo da provare e studiare, ma è altrettanto importante tenere a mente i capisaldi della preparazione e evitare di trascurarli, penso sia una questione di equilibrio: l’obiettivo è rimanere aggiornati evitando le “trappole” delle mode passeggere.”
Quello del preparatore è un ruolo che vede una figura molto importante confrontarsi quotidianamente con quella altrettanto importante dell’allenatore. Qual è secondo te il modo ideale per relazionarsi tra un preparatore e un allenatore?
“Tra capo allenatore e preparatore c’è una gerarchia e sono convinta che vada rispettata. Inoltre per me è essenziale cercare di creare un rapporto fin da subito, allinearsi sugli obiettivi e condividere onestamente i propri punti di vista. Molto spesso il preparatore può vedere dei dettagli e concentrarsi su delle cose che l’allenatore non ha modo di vedere e lì è molto importante instaurare un confronto costante e cercare di lavorare come due identità diverse nelle proposte e nelle personalità, ma con un unico obiettivo: miglioramento dei giocatori e della squadra tutta. Per riassumere, come in ogni relazione stretta, ci vuole fiducia e rispetto.”
Quel 25 agosto 2018 credo che difficilmente sia una data che riuscirai a dimenticare. Cosa ti porti dietro di quella vittoria e cosa ti ha insegnato quella medaglia d’oro appesa al collo?
“I miei ricordi non sono legati a una giornata. Tutti pensano alle partite e ai risultati come il ricordo più intenso, ma, almeno per me, è l’intero percorso che rimane impresso. È la fatica collettiva, è il lavoro quotidiano di mesi volto a una sola competizione, sono i rapporti con persone prima sconosciute che riempiono tutta la tua giornata, sono le nottate, gli imprevisti, la musica che ascolti….per me è tutt’altro che una data e una medaglia.”
Sei rimasta in contatto con qualche giocatrice con cui hai condiviso quell’esperienza in Lituania?
“Il raduno è qualcosa di molto impattante, una bolla in cui tutti abbiamo possibilità di miglioramento e si instaurano ricordi forti, legami stretti, non quotidiani, ma alcune cose sono lì indelebili. E non solo con chi si ha condiviso un percorso netto e vincente, anzi. Porto nel cuore tantissime persone che ho incontrato in ogni campionato europeo o mondiale fatto e in generale in ogni raduno a prescindere dal risultato ottenuto. Nel mio cuore non c’è solo Kaunas.”
Quali sono i tuoi “dogmi” dal punto di vista professionale?
“Da Matteo Panichi ho imparato a fare poche cose, semplici e fatte bene, ad usare il “buon senso” e cosa significa fare gruppo. Da Roberta Regis ho imparato ad educare per la vita e non solo ai fini del gioco, e che per richiedere attenzione, autonomia e responsabilità agli altri bisogna metterci tutta le proprie nel lavoro.”
A chi ti ispiri maggiormente come preparatore?
“Cerco di ascoltare sempre le opinioni degli altri, credo si possa imparare da tutti anche da chi non avresti mai pensato o da chi la pensa molto diversamente da te. Ho molti colleghi che guardo con ammirazione, ma sto anche molto bene nei miei panni, non desidero essere un’altra persona, ma voglio continuare a migliorarmi.”
Hai mai pensato di collaborare con una squadra di club senior?
“Mi piacciono molto i settori giovanili e l’età evolutiva, costruire a lunghissimo termine, lavorare per la performance, ma soprattutto per migliorarsi personalmente e come gruppo. Poi ogni proposta è a sé, quindi…chissà”.
Ufficio Stampa FIP MARCHE