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FIP MARCHE STORIES. Alessio Dionisi. 22 anni con il fischietto in bocca fino alla Serie A

Da buon fabrianese ha il basket nel sangue. Gli inizi da giocatore, le domeniche pomeriggio passate sui gradoni del PalaGuerrieri a tifare il Fabriano Basket in Serie A, e poi l’inizio del percorso arbitrale che dopo 22 anni lo ha portato a dirigere proprio le gare della massima serie e a diventare la punta di diamante del movimento CIA delle Marche sempre florido e in pieno fermento. Alessio Dionisi racconta la sua storia da cui traspare la passione per la pallacanestro e per l’attività di arbitro affrontata con grande professionalità e cura minuziosa di ogni dettaglio.



Classe 1986, Alessio Dionisi è nato con il basket nelle vene, figlio di una terra che ha vissuto i fasti della Serie A e che oggi vive alimentata dalla congenita e viscerale devozione del suo popolo per lo sport con la palla a spicchi in mano. Nella scorsa estate è stato inserito nelle liste dell’attuale Serie A, unico neopromosso dall’A2. Nella sua stagione da rookie ha finora diretto 8 partite di LBA partendo da quel Trento-Varese del 13 ottobre fino al più recente Trapani-Pistoia.
Facciamo subito un bilancio della prima parte di stagione in LBA. Come possiamo considerarlo?
“Bilancio assolutamente positivo. Si sta verificando molto di quello che mi aspettavo a livello di velocità di gioco, di fisicità e letture tecniche. E’ sicuramente un livello mediamente più intenso rispetto a quello a cui ero abituato. Con il tempo comunque sto entrando sempre più in ritmo a livello di chiamate, decisioni, feeling con i colleghi e con l’ambiente in genere della Serie A.”
Oltre agli aspetti tecnici qual’è stata la novità più grande rispetto al tuo passato in grigio?
“L’uso del’instant replay è sicuramente una novità importante. Un impatto forte per me ma anche sotto questo aspetto sto prendendo confidenza con tutte le casistiche che si possono verificare in ogni partita insieme ai colleghi più esperti. E’ una tecnologia che deve essere usata per dare valore aggiunto alla decisione o evitare un errore importante all’interno della gara. C’è anche il precision time per lo stop e l’avvio del cronometro ma indubbiamente l’instant replay è stato l’argomento nuovo più preponderante per me con le appendici del challenge del coach e tutte le casistiche da regolamento che possono essere utilizzate per ricorrere a questo strumento che ritengo utile ai fini di un gioco con il numero di errori più basso possibile.”
Hai 38 anni e quasi tutti vissuti su un parquet, più della metà con un fischietto in bocca. Racconta la tua storia da uomo di basket
“Tranne l’allenatore e il dirigente nel basket ho fatto quasi tutto. Da bambino ho giocato nel Fabriano Basket e poi nella Libertas. Ricordo bene le domeniche al PalaGuerrieri a vedere le partite della Serie A e in alcune ho fatto anche il ball boy per vedere i campioni da vicino a bordo campo. Tante partite da sostenitore e poi a 16 anni la decisione di iniziare l’attività di arbitro che oggi mi ha portato ad essere dove sono. Un percorso lungo e importante ma tutto è partito dal grande amore e dalla passione per questo sport.”
Una storia quindi iniziata da lontano con 22 anni con addosso la maglietta grigia e il pantalone nero. Come sei arrivato in Serie A?
“Ho iniziato giovanissimo nei campionati giovanili e le minors locali dove ogni gara era un derby, mi sono subito trovato bene. Ho poi trascorso gli anni dell’allora C Regionale, e quelli in C Nazionale. Poi un lustro in Serie B. Tanta esperienza, tanto campo, tanti colleghi diventati compagni di viaggio e diversi amici. Poi il salto in A2 dove sono stato otto anni ed è stato un grande viaggio e una corposa esperienza in un campionato indubbiamente valido. E poi quest’anno la Serie A.”
Ci racconti la tua settimana tipo da arbitro di Serie A?
“Una settimana sicuramente “impegnata” concentrando le attività sulla partita che si andrà a dirigere il week end successivo. Il lunedì solitamente è il giorno in cui arriva la designazione e dove si progetta tutto il resto della settimana. E’ l’unico giorno dove rimango a riposo assoluto a livello fisico ma è anche la giornata in cui rivedo la partita precedente individuando gli aspetti che a livello di scelte e valutazione si potevano fare meglio per crescere e migliorare ancora. Solitamente il martedi è il giorno del ritorno in palestra per un lavoro atletico individuale. Grazie poi alla collaborazione e il bel rapporto instaurato con alcune squadre di A2, un giorno alla settimana vado a dirigere le loro sessioni di allenamento. Questo avviene il giovedi o il venerdi a seconda del giorno in cui c’è la partita da arbitrare, se il sabato o la domenica. Nel frattempo una volta arrivata la designazione si inizia a lavorare sulla partita. Siamo nel girone di ritorno e quindi vado a rivedere la partita tra le due squadre giocata all’andata. Inoltre vedo l’ultima partita di ognuna delle due squadre che andrò ad incontrare. Questo non certo per essere prevenuti ma per essere preparati proprio come fanno le squadre. Abbinato a queste sintesi c’è un lavoro di analisi delle statistiche sia a livello di squadra che individuali. Il tutto analizzando le situazioni dei due team del momento cercando di capire anche lo stato d’animo dei protagonisti. In un altro giorno della settimana, compatibilmente anche con gli impegni di lavoro, arbitro una partita dei campionati giovanili o minors in coppia con arbitri giovani. Mi piace davvero tanto fare queste esperienze e condividerle con colleghi in erba.”
A proposito di colleghi. Hai anche un contatto con loro durante la settimana?
“Certamente. Con i colleghi appena ricevuta la designazione inizia subito la pianificazione della trasferta. Per tutte le partite, il giorno stesso della gara, si fa un briefing con l’ulteriore analisi delle situazioni tecniche delle squadre per gestirle al meglio qualora si presentassero. Grande soddisfazione è aver preparato una situazione che durante la gara si presenta ed è gestita al meglio, proprio come una squadra con il suo piano partita. L’obiettivo di tutto questo è limitare al massimo quelli che sono degli errori che influenzerebbero la gara e lavorare in sinergia con i colleghi.”
Che consiglio puoi dare ai giovani arbitri e a chi si vuole avvicinare al mondo arbitrale?
“La prima cosa è provare, inizialmente in tanti giocano ed arbitrano, e’ normale e fisiologico. Dico da sempre che fare l’arbitro è fare sport. Oggi con la velocità che c’è nel gioco, la parte atletica di un arbitro deve viaggiare almeno di pari livello con quella tecnica. Un arbitro che è anche un atleta, riesce ad essere nella posizione giusta al momento giusto e riesce a prendere probabilmente anche la giusta decisione o quantomeno ha maggiori possibilità di farlo nei confronti di chi non lo è. E’ un ruolo stimolante per i giovani perché si trovano a gestire dei potenziali conflitti con delle persone più grandi di loro. Quindi in una società come quella attuale, fatta di rapporti interpersonali diversi da quelli di molti anni fa, oggi fare l’arbitro impone al proprio carattere e alla propria persona di essere determinati e fare delle scelte. E’ uno sport che fa decidere e mette nelle condizioni di farlo divertendosi e magari ogni tanto sorridendo. Il consiglio poi è provare e prendere lo stimolo e lo spunto da ogni gara, sia di natura tecnica che comportamentale e di rapporto con i colleghi, da ascoltare e dai quali saper cogliere ogni consiglio per migliorare. Ho visto dei ragazzi che sono maturati non solo dentro al campo ma anche fuori. C’è bisogno di ragazzi e ragazze che hanno voglia di mettersi il fischietto in bocca, di mettersi in discussione, di sbagliare e dagli errori diventare più bravi, forti e consapevoli a livello umano e tecnico.”



Ufficio Stampa FIP MARCHE